mercoledì, febbraio 29, 2012

LA PIU' POTENTE CUPOLA MAFIOSA (loggia Massonica!) IN ITALIA? IL TRIBUNALE DIMILANO!

ILDA BOCCASSINI: IL SUO BRACCIO ARMATO 
Quei segreti di Calciopoli custoditi dalla Boccassini
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C’è un fascicolo sulle dichiarazioni di un arbitro che potrebbe rispondere a tanti perché. 
 Ma Borrelli non ha voluto leggerlo! Per la Valigetta con i gigetti, oppure per il Businis...Nomisma?
       
Il vero mistero di Calciopoli è un faldone d'indagine che il pm milanese Ilda Boccassini custodisce gelosamente in archivio. Al processo di Napoli a Moggi & co l'hanno ribattezzato il «fascicolo del Calcio Graal» perché sa ormai di leggenda posto che i custodi delle segrete cose in esso contenute non ci sono più (il compianto presidente dell'Inter, Giacinto Facchetti) non parlano (l'arbitro Danilo Nucini), non sentono la necessità di confermarne l'esistenza (il magistrato

Questo fascicolo dovrebbe/ potrebbe contenere la confessione esplosiva del fischietto gola profonda di Facchetti, ma essendo stato archiviato a «modello 45» («notizie manifestamente infondate ») nessuno può consultarlo, se non previa autorizzazione della sola Boccassini. Che non rilascia autorizzazioni. A nessuno. Eppure al fascicolo sarebbe utile dare almeno un'occhiata per sgombrare il campo dai sospetti sull'intenzione, dell'Inter, di colpire Moggi & co seguendo strade a rischio perché penalizzabili dalla giustizia sportiva.

Il faldone avrebbe potuto/dovuto interessare soprattutto Francesco Saverio Borrelli, che però non sentì mai il bisogno di richiederlo alla collega dai capelli rossi durante le sue indagini sugli illeciti sportivi, nonostante la procura da lui un tempo diretta gli avesse trasmesso i verbali dei protagonisti dello scandalo Telecom (il capo security Giuliano Tavaroli, il detective Emanuele Cipriani, il presidente Tronchetti Provera ecc.) dove si faceva espresso riferimento a Nucini, alla Boccassini, alla spy story nerazzurra.

Proprio Tavaroli, nell'interrogatorio del 29 settembre 2006, riferisce che sul finire del 2002 incontrò Massimo Moratti e Giacinto Facchetti, con quest'ultimo che raccontò di essere stato avvicinato da un arbitro di Bergamo «che in più incontri» gli parlò del condizionamento delle partite attraverso un sistema che da Moggi portava all'arbitro De Santis. Tavaroli propose a Facchetti due opzioni: diventare «fonte» di un maggiore dei carabinieri di Milano oppure rivolgersi ai pm con un atto formale: «Mi risulta che la società Fc Inter ha presentato un esposto in procura» chiosò il manager della security Telecom. Marco Tronchetti Provera, preso a verbale il 9 marzo 2010, confermerà: «Moratti aveva chiesto immediatamente un aiuto alla procura perché c'era un arbitro che raccontava di strane storie a Facchetti (…). La prima cosa che fece Massimo Moratti fu di andare dalla dottoressa Boccassini a raccontare questa vicenda. La Boccassini gli suggerì di far venire questo arbitro a denunciare la cosa».

Ascoltato dall'Ufficio Indagini della Figc, il 3 ottobre 2006, Moratti aveva dato invece una versione differente: quando Facchetti gli disse che voleva denunciare in procura i fatti raccontati da Nucini «mi opposi per la «genericità» delle accuse» e aggiunse che semmai «doveva essere Nucini a segnalare il fatto» ai magistrati. Due versioni, una è falsa. Quale?

Nel frattempo, proprio per tutelarsi, Facchetti si era registrato di nascosto le confessioni devastanti di Nucini che aveva spedito a infiltrarsi nelle linee nemiche: avvicina l'arbitro De Santis, ficca il naso sul ds del Messina Fabiani (vicino a Moggi), fa da talpa a Coverciano.

Quindi aveva girato dei numeri di telefono a Tavaroli, eppoi non s'è ancora capito se fu lui (o Moratti, che nega) a ispirare le indagini invasive sull'arbitro De Santis a un amico detective di Tavaroli, Emanuele Cipriani, che poi fatturerà 50mila euro a Pirelli e non all'Inter «perché Tavaroli - così riferisce a verbale Cipriani - spiegò che era opportuno che l'investigazione non risultasse» all'Inter.
Il passaggio successivo vede Nucini fare il suo ingresso in procura.

E qui calano le ombre. Non s'è mai capito, infatti, quando quest'incontro s'è verificato; se in procura ce l'ha mandato Facchetti, previo accordo col magistrato; se all'ufficio della Boccassini l'arbitro ha bussato di sua sponte; se l'incontro è stato verbalizzato e registrato; se il pm ha convocato il fischietto di Bergamo essendo venuta a sapere delle sue intenzioni. Nulla si sa. Nulla si deve sapere. Ma perché?

Al processo di Napoli l'arbitro Nucini («inconsistente teste d'accusa» secondo quanto si legge nella sentenza) non è stato capace di ricordare il giorno della sua visita in procura che a fatica colloca «verso la fine del 2003». Sul resto, è a dir poco ondivago, stranamente confuso, quasi reticente. Nell'udienza del 26 maggio 2009 fa presente che «qualcuno vicino alla società (Inter, ndr) ha consigliato che io andassi davanti al pm, la dottoressa Boccassini, a dire quanto avvenuto». Aggiunge che venne contattato telefonicamente dalla segreteria della Boccassini, che l'oggetto dell'incontro pensava fossero alcuni articoli in merito ad ammonizioni pilotate, e che al dunque la pm «mi ha fatto delle domande specifiche... che erano le confidenze che nell'anno e mezzo io e Facchetti siamo venuti a conoscenza...». Nucini confessa che non se l'è sentita di tradire Facchetti. Così alla Boccasini decide di non dire più niente: «Non ce l'ho fatta, ho trovato nella dottoressa Boccassini una delle donne più intelligenti, probabilmente aveva capito tutto. Non ha insistito, sono uscito dalla procura e la cosa è finita lì».

Aveva capito cosa? Non ha insistito? Gli avvocati si scatenano: signor Nucini come ha risposto alle domande della Boccassini? «Io a lei non glielo dico!», sbotta in faccia al difesore di Moggi, Prioreschi. «Abbiamo parlato di calcio, dell'andamento del calcio». Chiacchiere da bar? E con la Boccassini parlavate di tattica? Richiamato a deporre al processo napoletano il 15 marzo 2011 Nucini manda ulteriormente al manicomio gli avvocati con un mantra incessante, con chicche surreali: «Con la dottoressa Boccassini abbiamo parlato di calcio, punto».
COMMENTA

«Nessuno mi ci ha mandato», «Fu una chiacchierata informale». «Non firmai il verbale». Se questo fascicolo saltasse finalmente fuori si capirebbero tante cose. A cominciare dal famoso cd con la voce di Nucini, registrata di nascosto da Facchetti (circostanza riportata da Repubblica a maggio 2006 e mai smentita dai diretti interessati). Consentirebbe di dimostrare, o smentire, ciò che le difese degli imputati hanno sostenuto nel processo di Calciopoli, e cioè che qualora l'Inter, con un esposto, avesse allertato direttamente la procura di Milano, avrebbe violato la cosiddetta «clausola compromissoria» che obbliga le società a rivolgersi alla giustizia sportiva e non ad altre autorità.

L'avvocato Paolo Gallinelli, difensore dell'arbitro De Santis, per due volte (nel 2009 e il 3 febbraio 2011) ha sollecitato invano il pm Boccassini e il procuratore Bruti Liberati a fargli prendere visione del fascicolo-Graal. Niente da fare. In dibattimento a Napoli la richiesta è stata fatta in extremis, il pm si è opposto, non se ne è fatto niente neanche qui. Nelle nuove istanze si fa cenno anche all'attività dei pm di Milano che il 19 novembre 2004, con l'indagine avviata a Napoli, chiede a Telecom la verifica su alcuni «file di log» per verificare l'esistenza di determinati contatti telefonici monitorati proprio da Telecom. Utenze fisse e cellulari che potrebbero coincidere con quelle che Nucini spiffera a Facchetti, che a sua volta gira a Tavaroli il quale li passa al fedelissimo Adamo Bove (morto suicida nel luglio 2006) che li farà sviluppare alla segretaria Caterina Plateo.
Che a verbale ammetterà come tra i numeri controllati da Tavaroli & co c'erano quelli della Juventus, del guardaline Cenniccola (il telefono era in uso a De Santis) della Gea World, della Figc, di Moggi. All'Inter che spiava i nemici è difficile pensare. Ecco perché occorre rendere pubblico ciò che nessuno vuol vedere pubblicato.  
fonte: il Giornale.it. Gian Marco Chiocc - 26 febbraio 2012 -  (3-continua)
 IL CORRUTTORE MASSIMO CONSEGNA AL CORROTTO CAPO UFFICIO INDAGINI FRANCESCO
 SAVERIO BORRELLI, LA FAMOSA VALIGETTA PIENA DI EURO, IN CAMBIO DEL SILENZIO...
 ...sul Faldone che avrebbe potuto/dovuto interessare soprattutto Borrelli, che però non sentì mai il bisogno di richiederlo alla collega durante le sue indagini sugli illeciti sportivi, nonostante la procura da lui un tempo diretta gli avesse trasmesso i verbali dei protagonisti dello scandalo Telecom (il capo security Giuliano Tavaroli, il detective Emanuele Cipriani, il  presidente Tronchetti Provera ecc.) dove si faceva espresso riferimento a Nucini, alla Boccassini, alla spy story nerazzurra.
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DALLE ALPI A NOMISMA

Dalla Procura di Milano al vertice dell’ufficio indagini di Federcalcio, con uno sguardo alle sorti della corazzata che gestisce sciovie, funivie e ristoranti nell’amata Courmayeur. Ecco passioni ed interessi, oggi, del “pensionato” Francesco Saverio Borrelli.

Le indagini per i fatti di via Imbonati prendono il via in un momento particolarmente delicato per la Procura di Milano: in quel periodo, infatti, lo storico capo del pool di Mani Pulite Francesco Saverio Borrelli e’ alla vigilia del trasferimento al vertice della Corte d’Appello. Intanto alla Questura, mobilitata per trovare una spiegazione alla morte del suo giovane agente scelto Vincenzo Raiola ferito a morte durante la rapina, comincia a farsi notare per l’attivismo investigativo il vicequestore aggiunto Maria Jose’ Falcicchia, poco piu’ di trent’anni, origini pugliesi.

Il tandem di inquirenti composto dal leggendario artefice del “resistere, resistere, resistere” e dalla brillante poliziotta si ricostituira’ parecchi anni dopo, a maggio 2006, quando Borrelli sara’ chiamato da Guido Rossi a guidare il pool investigativo della Federcalcio e scegliera’ come suo braccio destro proprio il vicequestore Falcicchia. A settembre dello stesso anno arrivano le dimissioni-lampo di Borrelli e del suo team, poi rientrate per il capo ma non per Falcicchia, tornata in servizio alla Questura del capoluogo lombardo.

Oltre che di indagini all’interno di Federcalcio, il “pensionato” Francesco Saverio Borrelli si occupa – probabilmente – anche delle sorti di una importante societa’ con sede in Valle d’Aosta. L’ex procuratore capo di Milano detiene infatti una quota del pacchetto azionario di Courmayeur Mont Blanc Funivie, spa da 7 milioni e ottocentomila euro nel capitale sociale che gestisce le principali sciovie e funivie dell’importante localita’ turistica, compresi hotel, bar e ristoranti della zona. Amministrata dal quarantasettenne Nicolino Perretta residente ad Annecy, in Francia, la societa’ vede come azionisti di maggioranza l’immobiliare Api Real Estate e la finanziaria Finref. Quest’ultima e’ in prima fila fra gli azionisti di Nomisma, la creatura economica di Romano Prodi.

Piu’ articolata l’epopea di Api Real Estate, immobiliare da 750 mila euro in dote che rientra nella galassia API, vale a dire uno fra i piu’ potenti gruppi petroliferi privati in Europa. AD della Api Real Estate e’ il rampollo di famiglia Ugo Maria Brachetti Peretti, nelle vene sangue di antica nobilta’ fuso alla mai sopita vocazione per il business. Per anni scapolo d’oro dello star system internazionale, Ugo Maria e’ convolato a nozze nel 2005 con la leggiadra Isabella Borromeo, sorella di quella Lavinia Borromeo andata sposa, quasi contemporaneamente, con l’erede della famiglia Agnelli John Elkann.

Una favola che sta facendo sognare sulle pagine dei rotocalchi rosa intere generazioni di fanciulle in fiore. A guastare l’armonia irrompe pero’ di tanto in tanto la vibrata protesta dei comitati civici per l’ambiente di Falconara Marittima, nelle Marche, quartier generale delle raffinerie API.

I disastri piu’ recenti risalgono a fine luglio. «Con l’ennesimo spiaggiamento di idrocarburi versato in mare da una condotta dell’API – si legge in un duro comunicato dei comitati cittadini capitanati da Loris Calcina – abbiamo assistito ad altre scene da anni ’60: bambini e bagnanti uscire dall’acqua imbrattati di idrocarburi e “trattati” con benzina prima della doccia.

Se rispetto a 47 anni fa la tecnologia ed i sistemi operativi e gestionali della sicurezza hanno fatto passi da gigante, le autorita’ e gli Enti locali dovrebbero chiedersi se per la raffineria API occorreranno altri 47 anni per raggiungere standard di sicurezza adeguati. Intanto, pero’, tutti devono dichiarare fallita la politica di credito concessa all’API».

TRONKY - LUCA-LUCA & MORTATELLA-PRODI. AL PROFANO DICONO NIENTE!

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